Fu Colombo a coniare il termine "cannibale". Passando al cannibalismo umano, fu l'esploratore a rendere celebre il nome dei Canibal, una tribù dei Caraibi, fino a farlo diventare sinonimo di antropofagi.
La storia del cannibalismo umano risale ai tempi dei Neanderthal per proseguire nei secoli fino ai giorni nostri: gli ultimi cannibali del Pianeta si chiamano Korowai e vivono in Nuova Guinea. Ma se vi siete mai chiesti quale sapore abbia la carne umana, sappiate che le macabre testimonianze non sono concordi.
Il cannibale, comunque, è una parola che fuori di tecnicismi ha attecchito con forza nella lingua e nell'immaginario collettivo: prescindendo dalla conoscenza delle ritualità dell'omofagia umana, il cannibale resta paradigma del terrore che il selvaggio incute, refrattario al più elementare senso di umanità.
Esiste una ragione biologica per cui il cannibalismo è un tabù in quasi tutte le culture: mangiare altri esseri umani può portare alla morte. Nello specifico, nutrirsi di carne umana provoca il cosiddetto “kuru”, una malattia del cervello simile al morbo della mucca pazza.
Un piatto di carne umana arriverebbe a costare fino a 1.200 euro, valore che corrisponde agli alti costi necessari per procurarsi la "materia prima". E addirittura sarebbe stato stilato un listino di prezzi. Un cadavere potrebbe arrivare a costare fino a 30mila euro se giovane.