A un saluto del genere si rispondeva con "salve et tu", ossia "salute anche a te". "Quid agis?", il nostro "come va?" poteva essere la battuta adoperata per approfondire la conversazione. La stretta di mano non era molto diffusa: di solito ci si salutava così dopo un lungo viaggio.
I Romani salutavano a braccio teso nelle cerimonie ma il gesto era appena accennato nella vita quotidiana, cioè un braccio alzato con la palma in avanti e il braccio un po' piegato, se non altro per non intruppare gli altri.
Nell'epoca tardo antica e nel medioevo i passanti salutavano scoprendosi il capo, questo per significare il mettersi sullo stesso piano del salutato eliminando ogni differenza sociale. Il copricapo infatti identificava la funzione sociale e l'appartenenza ad una categoria o corporazione.
Il “saluto romano” consiste nello stendere il braccio destro teso alzato con le dita della mano unite. Quasi tutti ritengono che tale saluto derivi dall'antica Roma, ma in realtà di romano ha ben poco. Tra le legioni romane era in vigore la salutatio militaris, un saluto molto simile a quello militare moderno.
Per scrivere si incideva la superficie della cera con un bastoncino di legno appuntito chiamato stilus. E per cancellare? Lo stilus all'altra estremità aveva una “gomma”: una spatolina con cui rispalmare la cera per coprire i solchi delle parole scritte per poterne così incidere di nuove.