La scarificazione (scarification o scaring in inglese) è una delle modificazioni corporee d’origine tribale tra le più discusse di sempre. In Italia non è chiaro se sia legale o no praticarla. O meglio, come capita spesso in questo campo, non è esplicitamente vietato né è esplicitamente consentito eseguire le scarificazioni.

SFOGLIA LA FOTOGALLERY

L’origine delle scarificazioni

Il nome di questa pratica prende il nome dalla parola “scar“, cicatrice in inglese, perché consiste appunto nel creare delle incisioni nella pelle in modo tale che si formino delle cicatrici decorative. Questo tipo di decorazione della pelle era molto praticata in passato presso alcune popolazioni africane per segnare il passaggio dall’età infantile a quella adulta, e ancora oggi in alcune parti dell’Africa è un tipo di modificazione estrema del corpo che simboleggia bellezza e benessere. Si trattava ovviamente di una pratica dolorosa, che il soggetto doveva subire in silenzio perché come capita in molti riti di passaggio, la sofferenza è un elemento che dimostra il coraggio e la forza di chi entra in età adulta. La scelta dei disegni varia di tribù in tribù, realizzati con rasoi, pietre, conchiglie o coltelli, esponendo i soggetti all’alto rischio d’infezione o di recisione di qualche nervo.

Oggi, molti decidono di ricorrere allo scaring per realizzare decorazioni corporee originali e, nonostante la cruenta procedura per realizzarli, di delicata bellezza.

Come si realizza una scarificazione?

Innanzitutto con scarificazione si intendono tutte quelle pratiche atte a creare delle cicatrici sulla pelle. Esistono 3 tipi principali di scarificazione:

Branding: a caldo, a freddo o con elettrocauterizzazione. In pratica si “marchia a fuoco” o con azoto/nitrogeno liquido in modo tale da lasciare un segno permanente sulla pelle del soggetto.

Cutting: tramite tagli più o meno profondi e più o meno ripetuti, è il metodo più conosciuto e antico. Più il taglio è profondo e marcato, più il risultato sarà evidente e la cicatrice in rilievo (cheloide).

Rimozione di pelle o peeling: l’artista rimuove veri e propri lembi di pelle seguendo un disegno preciso. Per ottenere un risultato ottimale, spesso l’artista tende a rimuovere una minore quantità di pelle, non andando troppo in profondità, istruendo il cliente ad una cura ottimale perché la pelle possa rimarginarsi con una cicatrice evidente e fedele al design originale.

Per tutti i tipi di scarificazione è FONDAMENTALE che l’artista sia certificato, che rispetti le norme igieniche stabilite dalla legge (e anche oltre) e che lo studio in cui verrà realizzato il tutto segua in modo maniacale le direttive igenico-sanitarie. Se anche solo uno di questi elementi non vi torna, andate via e cambiate artista: è importantissimo che voi per primi percepiate che è tutto predisposto per la realizzazione di una body modification dolorosa e che ha già di per sé molti rischi d’infettarsi.

Se il dolore e i rischi d’infezione di questa modifica estrema non vi scoraggiano dal realizzarne una, è bene sapere cosa fare nell’aftercare per far sì che il disegno guarisca e cicatrizzi come vorremmo.

Come far guarire una scarificazione

A differenza del tatuaggio, per il quale si fa di tutto per accelerare e favorire la guarigione, per la scarificazione bisogna rallentare la cicatrizzazione. Come? Non è semplice, perché la prima cosa che la pelle farà sarà proteggere le parti compromesse creando una crosta. E per far si che la cicatrice (e quindi il disegno eseguito) siano visibili, la crosta non deve potersi formare.

Per evitare la formazione della crosta, bisognerà mantenere le aree trattata umide e idratate, oltre che estremamente pulite.
Vuol dire che potrete grattare le aree tagliate? NO. Non irritate la pelle ulteriormente. Cambiate le garze umide spesso e assicuratevi di avere mani e garze pulite.

La scarificazione fa male?

Sì, fa un male del diavolo. Essenzialmente la vostra pelle viene ferita di proposito con l’obiettivo di creare una cicatrice. Ovviamente è possibile ridurre il dolore al minimo utilizzando delle creme anestetizzanti o delle vere e proprie anestesie locali. È anche vero però che molte persone che scelgono questo tipo d’arte accolgono il dolore come parte di un processo spirituale.