Domanda di: Loredana Bruno | Ultimo aggiornamento: 30 marzo 2023 Valutazione: 5/5
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Partiamo dal nome. Il termine veniva usato a Milano negli anni '80 per identificare i classici “tamarri” o “coatti”: oggi siamo di fronte a una versione 2.0. “Maranza” è tornato in voga quest'estate per riferirsi ai classici “bulletti” che vengono dalla periferia e che sfoggiano un look più o meno definito.
La si utilizza per descrivere una persona che aderisce a un preciso lifestyle. Nel nuovo gergo giovanile, il termine “maranza” assume un significato ironico e sarcastico. Lo si usa per definire una persona che aderisce a determinati gusti di modelli nel vestirsi, locali da frequentare, forma di parlare, interessi.
Cosa vuol dire essere un maranza? In sintesi, il maranza è un parente stretto del tamarro, ovvero quella categoria di persona dai modi rozzi e volgari, che si comporta ostentando i propri averi senza umiltà, coprendosi in molti casi di ridicolo.
Il classico tamarro di periferia delle città lombarde. Lo riconosci dai ricciolini, dalla tuta Nike o Lacoste, dalle TN e dal borsello Louis Vuitton rigorosamente tarocco ("Fra ti giuro che è vero" -cit). È quasi sempre associato alla piccola criminalità.
Premettiamo che la parola maranza esiste da sempre, e fa parte dello slang giovanile milanese. Il classico maranza sarebbe un “ tamarro ” o “ coatto “. Quindi sempre in tuta, acetata o tech, o con le divise sportive delle squadre di calcio (ad esempio Real Madrid o Paris Saint Germain).